lunedì 22 settembre 2014

Appartenersi senza possedersi

 

A volte basta poco: ti ritrovi tra le mani un oggetto, una frase,un'immagine e la mente comincia a mandare in onda il film legato ad un particolare ricordo. E' ciò che mi è successo ieri, mentre cercavo di dare un senso alla mia libreria, volendo sistemare i nuovi libri. Di solito, li metto in ordine di altezza perchè mi sembra visivamente tutto più ordinato. Il che comporta lo spostamento di altri volumi che celano numerosi tesori: vecchi foglietti che svolazzano via, dediche da parte di chi sa che regalarmi un libro equivale a rendermi felice; appunti di concetti che mi hanno particolarmente colpita, vecchie foto usate come segnalibri....
Mi è tornato in mente lui.

Improvvisamente, i miei occhi si sono illuminati:
nitidamente, mi sono ritrovata indietro nel tempo, di molti anni. Ai tempi dell'università. A quando, giovincella, muovevo i miei primi passi da mente libera in questo mondo così pieno di catene e pensieri preconfezionati. Sono tornata a quel pomeriggio, il pomeriggio in cui lo incontrai, al pomeriggio in cui realmente tutto ebbe inizio.
Di certo non era la prima volta. Io e lui ci eravamo incontrati in altre occasioni. Era capitato a casa di una mia amica, e anche in alcune librerie che entrambi frequentavamo. Ma sinceramente, nei suoi confronti non era mai scattata alcuna simpatia. Sapevo chi fosse ma nessuna minima attrazione mi aveva mosso verso di lui. Anzi, lo guardavo da lontano proprio con indifferenza. A dire il vero, lo guardavo proprio con diffidenza perché non ho mai amato ciò che è preceduto dalla propria fama, e lui lo era. Più o meno tutti sapevano chi fosse e più o meno tutti, ne parlavano: c'era chi lo trovava fantastico, chi un tipo banale, chi noioso... Fatto sta, che era spesso oggetto di conversazione. E sinceramente non ero per niente incuriosita. Anzi: proprio non ne volevo sapere di mostrargli la benchè minima attenzione.Quasi per partito preso. Per andare controcorrente. Insomma, non fu amore a prima vista.
Ma poi può accadere che, inaspettatamente, le cose cambino.
Un giorno mentre entravo in un bar, lo vidi. Ero entrata per concedermi una bella tazza di cioccolato caldo, prima di rientrare a casa. Fuori pioveva copiosamente. Lui era in compagnia di una mia amica. Due chiacchiere veloci perchè lei doveva tornare a studiare. Lui, invece, sembrava non avere fretta.
Non so essere più precisa, ma qualcosa mi spinse ad avvicinarmi a lui, a cambiare rotta ed offrirgli una possibilità. E così mi ritrovai seduta ad un tavolino per due, vicino alle vetrine che davano sulla strada. Fuori si muoveva la città, turisti con l'ombrello e persone in cerca di un riparo. Il tutto aveva un che di frenetico ma in quel piccolo angolo di mondo l’atmosfera era rilassante: del buon jazz, luci soffuse, e clienti che chiacchieravano discretamente a bassa voce. La nostra conversazione iniziò in modo disordinato, passavamo da un concetto all’altro senza un filo logico. Ero ancora scettica. Anzi, ero ancora più scettica. Tuttavia lo trovai inaspettatamente affascinante. I suoi pensieri mi sorpresero, piacevolmente. Non pioveva più. Finita la cioccolata, decisi di fare due passi per accompagnarlo a casa della nostra amica in comune. Doveva tornare da lei. In quel periodo, stavano insieme. Una volta là, ci salutammo, io stupita di aver provato un'inaspettata attrazione. O forse non era proprio inaspettata, forse era per questo che avevo sempre cercato di girargli alla larga. Qualche settimana dopo, ci ritrovammo in una libreria. E lì riprendemmo il discorso da dove l'avevamo interrotto. Ammetto che ogni tanto l'avevo pensato, ma presa dallo studio, ogni volta avevo allontanato la curiosità nei suoi confronti. Ma in quella libreria, mi prese un irrefrenabile desiderio di ritagliare un po' di tempo per lui: avevo voglia di conoscerlo meglio e così mi ritrovai praticamente rapita dalle sue parole. Ci risalutammo di nuovo, sempre più consapevole che aveva cominciato a fare breccia nel mio cuore.
Da quel giorno ogni volta che tornavo in quella libreria, lo cercavo con lo sguardo, subito... Non ci davamo un appuntamento, c’incontravamo senza regolarità, ma un incontro dopo l’altro ci scoprimmo sempre più legati. Tra noi si era creata un’alchimia difficile da spiegare.
Io arrivavo, entravo e poi cercavo un angolino per stare in disparte con lui. E lui mi parlava generosamente, raccontandomi la sua storia, i pensieri, i sogni che avevano mosso i suoi passi fino a quel giorno, fino a me.
Mi resi conto che mi stavo innamorando. O forse, già lo ero.
Era strano scoprirlo, rendermene conto aveva un che di sensazionale.
Ripensai a tutte le volte in cui ci eravamo incontrati, di quante altre opportunità avevamo avuto di parlarci, di scoprirci eppure questo non era mai avvenuto. Si vede che il destino aveva deciso altro. Aveva preferito far incrociare le nostre strade in quel pomeriggio di tarda primavera. Avevamo dovuto aspettare molti anni, entrambi avevamo dovuto assecondare e vivere un’infinita concatenazione di coincidenze per ritrovarci in quel bar finalmente pronti a capirci.
Poi arrivò l'estate e con lei, le vacanze che ci tennero lontani.
Ogni tanto lo pensavo in quella libreria ed un sorriso di dolcezza e di nostalgia si apriva istintivamente sulle mie labbra. Mi mancava.

Ma sapevo che lui mi avrebbe aspettata.
Arrivò settembre con mio grande dispiacere, il solito dispiacere di distaccarmi dalle persone che amo ma una piccola parte di me era contenta di ritornare in quello che ormai consideravo il “nostro posto ”, ero contenta di rivederlo. Non vedevo l'ora.
Alla prima occasione entrai in quel luogo familiare,con lo sguardo che corse a cercarlo, ma non lo vidi. Delusa guardai con più attenzione nei posti dove era solito aspettarmi, non c’era.
Rassegnata mi preparai ad andarmene perchè non aveva senso stare lì, senza di lui. Ma mentre mesta mi dirigevo all'uscita, l’occhio cadde in un punto insolito e lui era lì e sembrava aspettarmi.
Lo strinsi a me, felice.
Finalmente potevo tornare a perdermi tra le sue parole. E lui mi parlò con quella capacità incredibile di comprendermi che arrivava a commuovermi.
Mi stupivo, ma era evidente che entrambi usavamo il linguaggio dell’anima. Andammo avanti così, ma con più frequenza. Avevo sempre più bisogno di scoprirlo, anche se ormai l'avevo già compreso del tutto.
Poi, per quanto avessi cercato di allontanare quel momento, arrivò il giorno in cui ad una sua parola seguì un punto definitivo. Mi sentii smarrita. La nostra conoscenza terminava lì. Non c'erano più parole ma il loro senso era entrato inevitabilmente dentro di me. Era mio.
Per la prima volta nella mia vita piansi per un libro. Perchè avevo terminato la sua lettura e per molto altro.
Mai, mai un libro era stato così dentro ai miei pensieri, seguendo esattamente e contemporaneamente ciò che stavo vivendo. Mi aveva confortata, mi aveva resa consapevole di ogni mio passo, mi aveva tenuto la mano durante quel periodo di fatica e di dolore, facendomi sentire in compagnia e facendomi ammirare anche la bellezza e lo stupore che avevo dovuto attraversare lungo il cammino.
Non avrei potuto comprenderlo, non così pienamente se la mia vita non fosse precedentemente passata per alcune strade, inciampata in determinate circostanze.
Quello e solo quello poteva essere il periodo in cui poteva avere su di me un effetto così  profondo.
Lo chiusi e lo ringraziai.
Mezz’ora dopo ero tornata a casa: tenevo una sua copia tra le mani. Mi ero rifiutata di acquistarlo prima perchè mi piaceva quel nostro rapporto così romantico. Mi piaceva l'idea che mi appartenesse pur senza appartenermi materialmente. Appartenersi senza possedersi. 

Molto spesso non siamo affatto noi a scegliere le nostre letture, i nostri dischi o i nostri amori, ma sono gli accadimenti stessi che vengono a noi in un particolare momento, e quello sarà l'attimo perfetto, facilissimo e inevitabile: sentiremo un richiamo e non potremo far altro che obbedire.(P.V. Tondelli,da Fenomenologia dell'abbandono, ne L'Abbandono. Racconti dagli anni Ottanta)

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